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Negli anni passati, per rimuovere le lesioni presenti sul collo dell'utero, si faceva sistematicamente uso del bisturi chirurgico "a lama fredda", e lo si adoperava su pazienti sottoposte ad anestesia generale. La "conizzazione" della portio veniva effettuata così. Quest'intervento era, però, gravato da numerose complicanze: emorragie, stenosi (la stenosi è un restringimento cicatriziale), infezioni ed anche in fertilità a causa dei danni chirurgici sul tessuto del collo uterino che così, a volte, non riusciva a "trattenere" per tutta la gravidanza il feto in utero (il difetto di continenza dovuto a debolezza del collo dell'utero si chiama "incompetenza cervicale").
Con l'intenzione di semplificare la tecnica chirurgica e di rispettare maggiormente l'integrità anatomiche funzionale dei tessuti genitali di donne che molto spesso erano giovani e non avevano ancora avuto figli, si è introdotto l'uso della "ansa diatermica" anche denominata come LEEP (Loop Electrosurgical Excision Procedure - Procedura di Escissione Elettrochirurgica effettuata mediante ansa) o come LLETZ (Large Loop Excision of Transformation Zone - Escissione della Zona di Trasformazione mediante ansa ampia).
Questo tipo di trattamento locale delle lesioni preinvasive del collo dell’utero permette l’asportazione del tessuto giudicato “interessante” in quanto patologico e la sua successiva valutazione istologica da parte del medico anatomo-patologo.
La “elettrochirurgia” prevede l’impiego di uno strumento che concentra la corrente alternata ad alta frequenza (superiore ai 455 kHz - ossia nella banda della “radiofrequenza”) su un “elettrodo attivo” costituito dal tipo di “manipolo” utilizzato dall’operatore e da un “elettrodo neutro” che costituito da piastra metallica applicata alla paziente (generalmente si dispone una piastra metallica al di sotto di uno dei glutei della paziente, quando essa è adagiata sul lettino).
A seconda di come noi regoliamo il passaggio di corrente e del tipo di elettrodo che stiamo utilizzando, l’elettrochirurgia ci permette di tagliare i tessuti, di coagularli o di vaporizzarne la superficie.
I due tipi di corrente disponibili, quella che serve per effettuare il “taglio”, il cui circuito è contraddistinto da marcatori di color giallo e quella che serve per effettuare la “coagulazione”, il cui circuito è contraddistinto da marcatori di color azzurro, possono essere tra loro “mescolate” in percentuali variabili, in modo che, ad esempio sia possibile effettuare un buon taglio tissutale anche con una componente di corrente dedicata alla coagulazione, in modo da poter asportare il tessuto di nostro interesse, limitando al contempo il sanguinamento dovuto alla procedura.
La cosiddetta “conizzazione” della portio (porzione intra-vaginale del collo dell’utero, detta anche “cervice uterina) è rappresentata da una resezione più o meno ampia del tessuto cervicale tutto intorno all’orifizio uterino esterno, a 360°, avendo cura di approfondire la resezione di tessuto in corrispondenza del canale cervicale. Il pezzo di tessuto asportato avrà una forma grossolanamente riconducibile ad un “cono”. Nel caso sia sospettata la possibilità della presenza di una lesione neoplastica che si approfondisca lungo il canale cervicale, sarà pure possibile effettuare una seconda resezione concettualmente simile alla prima, ma utilizzando un ansa più stretta, in modo da non estendere lateralmente l’asportazione di tessuto, bensì riservando l’attenzione all’asportazione di un tratto più profondo del canale cervicale, lungo il percorso del quale si troverà la restante parte della lesione oggetto di indagine.
La cosiddetta “biopsia escissionale”, invece, è rappresentata sempre da un’asportazione di tessuto “malato” della superficie della cervice uterina, realizzata con ansa elettrochirurgica (LEEP – LLETZ), ma riservata unicamente all’area di tessuto giudicata “interessante” dall’osservazione attraverso il colposcopio, senza coinvolgere necessariamente, pertanto, il canale cervicale. In questo caso si tratta di una procedura elettrochirurgica effettuata unicamente allo scopo di asportare quella parte di tessuto malato che, attraverso l’osservazione colposcopica, “appare più grave” rispetto ad altre aree anomale presenti intorno. Sulla base dell’esame istologico effettuato sul pezzo asportato, verrà, in seguito, decisa la strategia terapeutica più idonea.
La scelta dell’ansa elettrochirurgica per ottenere una biopsia offre numerosi ed indiscutibili vantaggi, non ottenibili con qualsiasi altra tecnica: assoluta precisione nell’asportazione del campione di tessuto, maggiori dimensioni del campione bioptico, sanguinamento scarso od addirittura assente durante ed a seguito della procedura di taglio, grande facilità nel realizzare rapidamente un’emostasi completa e stabile.
Pure molto buona è l’accettazione da parte della paziente, in quanto il fastidio è generalmente lieve e, comunque, sempre di breve durata. Più fastidiosa è, invece, la procedura di coagulazione, quando necessaria. Sempre agevole da tollerare, invece, la procedura di “bonifica” che si effettua tramite la “vaporizzazione” delle eventuali lesioni residue.
Il tessuto asportato lascia un “cratere” (il termine “cratere” definisce in realtà, a dispetto di quanto esso invece induce ad immaginare, una piccola asportazione di tessuto che generalmente non eccede la misura di le millimetri 10 × 12 × 2,5 di profondità) che guarisce perfettamente nel volgere di 30-40 giorni.
Questo tipo di trattamento elettrochirurgico permette, in mani esperte, di ottenere sempre un buon esame istologico ed inoltre si dimostra molto conservativo per la cervice uterina che, a parte alcuni casi rarissimi e particolarmente impegnativi (questi casi particolari vengono, in realtà, trattati in sede ospedaliera), non subisce mai danni che possano pregiudicare la fertilità, la facilità del parto e che possono compromettere la funzione di tenuta che il collo uterino esercita nel trattenere il feto in utero. Oltre a ciò, gli esiti post-chirurgici non sono mai sfavorevoli, tanto che si può asserire che, a seguito di una conizzazione della portio il tessuto guarito lascerà praticamente sempre una “giunzione squamoso-colonnare” molto ben esplorabile, cosa che renderà molto più agevole i controlli che verranno effettuati successivamente nel tempo.
Un altro grande vantaggio delle procedure di asportazione di tessuto effettuate mediante ansa elettrochirurgica è rappresentato dal fatto che i margini della lesione presentano un “danno termico” dell’estensione di pochi micron, cosicché, se il chirurgo ha “progettato” bene la procedura di esportazione di tessuto, il medico anatomo-patologo non avrà difficoltà a “leggere” l’esame istologico del “pezzo” inviato fino ai margini, e potrà esprimere un giudizio “conclusivo”, ossia certo, sicuro relativamente al fatto che la lesione sia stato asportato del tutto oppure no, configurandosi, in tal ultimo caso, la necessità di estendere ulteriormente l’asportazione di tessuto tramite una seconda procedura analoga. Ed a tal proposito voglio ricordare che la decisione del chirurgo relativamente all’estensione alla quantità di tessuto da asportare dipende da numerosi fattori clinici e tecnici, nonché da numerose variabili ed imprevisti, seppure molto rari, che possono presentarsi durante l’atto chirurgico stesso.
In conclusione, la procedura di “conizzazione della portio” è sempre da intendersi come finalizzata ad una “diagnosi”; se, in base all’esito dell’esame istologico, la lesione preneoplastica si dimostrasse completamente contenuta all’interno dei margini di resezione chirurgica, allora la “conizzazione della portio” avuto anche una valenza “terapeutica”.
Ovviamente, come per ogni tecnica, pure questa, per fornire risultati idonei ed anche ottimali in relazione alla patologia alla quale viene applicata, necessita di adeguata esperienza, di conoscenze tecniche che vadano molto al di là della “buona pratica”, e di una costante attenzione in tutte le fasi della “presa in carico” e, nondimeno, di un grande interesse e di una grande passione per tutto ciò che rappresenta l’utilizzo delle nostre facoltà ed i nostri strumenti nel servizio alla salute del nostro prossimo.
La realizzazione di biopsie di portio e della conizzazione della portio mediante ansa elettrochirurgica, costituiscono una procedura di “elettro-resezione” realizzata mediante un elettrodo ad ansa.
Tuttavia, allo scopo di realizzare un asportazione di tessuto, si possono utilizzare anche elettrodi forme differenti: a forma di “spatola”, a forma di “ago”, anche se, per escissioni di tessuto più complesse, da effettuarsi sulla portio, l’elettrodo ad “ago angolato” è quello più maneggevole, sicuro ed efficace da utilizzarsi.
Questa tecnica di elettro-resezione può essere applicata anche su lesioni a carico della vulva e del tessuto perianale. A seconda della lesione che intenderemo trattare od asportare, sarà sufficiente che scegliamo l’elettrodo più idoneo e la miscelazione di correnti più rispondente alle nostre necessità, in termini di efficacia e di sicurezza del trattamento.